Giorno 19
Giorno 19

Giorno 19

Una settimana fa ho avuto la mia prima esperienza tedesca come babysitter.

Il bambino, in teoria, avrebbe dovuto parlare tedesco e spagnolo, quindi ero abbastanza tranquillo: avevo due modi per poter comunicare con lui. Se non funzionava una lingua, avrei usato l’altra.

Vado a prendere il bimbo verso le 18.30 a casa sua (ehm, dall’altro lato della strada di casa mia!) e la mamma me lo “consegna” per andare a vedere il concerto di Lauryn Hill, dato che a Berlino, i concerti iniziano più o meno all’ora che in Italia si esce da lavoro, cioè alle 19.

Lo porto con me a casa, per cenare e passare il tempo, dove c’erano un paio di amiche che ci aspettavano. So cosa state pensando: “Hai chiamato i rinforzi!”. Ma non è così: la cena era già stata organizzata da tempo e non potevo disdirla ma nello stesso tempo, non potevo rinunciare a questa prima prova con un bambino tedesco.

Il bambino aveva due anni e aveva il piccolo difetto che capiva cosa dicevo in spagnolo, ma mi rispondeva comunque in tedesco, rifiutandosi di parlarmi in spagnolo.

Ma non mi sono perso d’animo. In fondo i bambini di due anni di tutto il mondo una cosa sola amano: giocare. E quello è uguale ovunque. Anche al di là della lingua che si parla.

Le due ore sono volate, tra il gioco e la cena, e si è fatta l’ora di ritornare a casa per mettersi a dormire.

La mamma non era ancora tornata. Abbiamo fatto con calma i semplici gesti che ogni bimbo fa prima di andare a dormire. Pipì e pupù, lavaggio culetto, pannolino, lavata di denti e pigiama. Naturalmente abbiamo letto anche qualche favola (grazie al cielo i libri erano in spagnolo!) e poi si è addormentato. Ho atteso fino alle 23 che la madre tornasse a casa.

Se ve lo state chiedendo, SI, ne è valsa la pena. Non tanto per  i soldi guadagnati, ma avevo proprio bisogno di stare un pò con un bambino. Era da tanto che non avevo la fortuna di giocare come facevo un tempo per lavoro.

Speriamo che si sparga la voce. “Sai, c’è un babysitter fantastico. Si, quello che non parla con i bimbi, ma che riesce a giocare con loro.”

Non so se sia una buona pubblicità. Vedremo.

Questa storia mi ricorda una frase che avevo letto tempo fa, da qualche parte:

In nessuna lingua è difficile intendersi come nella propria lingua.

Karl Kraus

Vi regalo la foto del pupo e vi abbraccio.

A presto!

0 commenti

Rispondi a carlo Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Shares