Le cose che odio di te
Le cose che odio di te

Le cose che odio di te

Ultimamente vanno molto di moda le classifiche.

Tutti i siti web e blog lanciano titoloni del tipo “Le 10 donne più belle della via Lattea”, “I 5 insulti più usati al mattino” e via via discorrendo.

Anche io, oggi, ho voluto provare a pensare alle cose che, dopo un anno, ancora non mi piacciono o adoro di Berlino.

Oggi iniziamo con le cose che “odio” o, meglio, che non sopporto.

  • Le mastercard: sono accettate in tutto il mondo, dallo Zimbawe all’Afghanistan, passando per l’Australia e il Sud America. Ma non in Germania. Capita spesso di vedersi rifiutare il pagamento con la carta di credito universale. “Nur EC oder Sparkasse.” è la risposta.
  • La burocrazia: non intesa come pratiche da svolgere, ma come atteggiamento degli impiegati. Vi spiego meglio: io arrivo a Berlino il 1° luglio, ho un contratto di lavoro dal 1° ottobre ma il contratto stampato mi viene consegnato solo a metà novembre. Appena ho il contratto cerco di aprire un conto corrente ma, dopo quasi un mese di mail, scartoffie e documenti la banca mi comunica che ha deciso di non aprirmi il conto. Allora opto per una seconda banca che, in pochi giorni, apre il mio conto. Ma, intanto, il tempo passa ed è Natale, quindi devo tornare in Italia (si, la mia famiglia è ancora ligia alle tradizioni) e torno a Berlino dopo la Befana. Appena la mia fidanzata tedesca riesce a ottenere una mattina libera dal lavoro (la mia indispensabile traduttrice, dato che sono solo al livello A2!), ci rechiamo all’ufficio della Krankenkasse e la prima frase che mi viene detta – abbastanza irritata – è la seguente: “Perché viene solo oggi?”. E quando dovevo venire? Possibile che sia così poco chiaro che per uno straniero che parla a stento il tedesco (ma si impegna con tutte le proprie forze) ci voglia tempo per sbrigare tutte queste pratiche? Non è una giustificazione, sia chiaro. Le leggi sono leggi, ma almeno un pò di comprensione verso chi, di suo, non ha nessuna colpa. Come se non bastasse, anche i documenti di cui ho bisogno dall’Italia tardano ad arrivare. Qualcuno glielo spieghi quanto è complicato e faticoso far valere i proprio diritti all’estero. Soprattutto se si è italiani.
  • Gli italiani in vacanza: i turisti italiani, insieme agli spagnoli, sono quelli che quando visitano le città estere fanno più caciara. Sia chiaro: è un bene ed è una cosa bella. Pochi popoli sanno divertirsi come noi sappiamo fare, ma quando vedo due ragazzi italiani lungo l’East Side Gallery scrivere sul Muro di Berlino “Siamo stati qui. Roma domina” allora mi arrabbio. Passino le urla e gli schiamazzi, passi il vestirsi tutti uguali come un branco di pecore (la nota positiva è che almeno così nessuno si perde lungo il cammino) ma quando si diventa volgari e maleducati, no, mi spiace, ma non lo sopporto.
  • Gli italiani che vivono a Berlino: ma che frequentano solo italiani, mangiano solo in ristoranti italiani, fanno la spesa nei negozi italiani con i prodotti italiani, parlano al massimo inglese al lavoro, dicono che l’Italia è meglio della Germania. Allora perché si sono trasferiti qui? Un conto è la nostalgia, ma così si esagera.
  • I tedeschi che amano l’Italia: sono quei tedeschi che si riempiono sempre la bocca con parole italiane, che parlano di quanto sia bella l’Italia, comprano i prodotti italiani, ci vanno in vacanza. Poi, però, si ritrovano a mangiare la Margherita con l’aglio, a bere il Chianti prodotto in Polonia, ad andare in vacanza solo sula lago di Garda, a Rimini, a Venezia, a dire “Buonasera” il giorno o “Arrivederci” quando arrivano. Pensano che parole come “Mafioso” o “BungaBunga” siano parole folkloristiche che divertano gli italiani mentre, per la maggior parte di essi, sono motivo di vergogna e indignazione.
  • I tedeschi quadrati: i tedeschi sono famosi – secondo gli stereotipi – per essere di mentalità quadrata e insensibili. Mi spiego: qualche giorno fa, ero con il mio bambino di 17 mesi nel passeggino sotto la neve a meno 200 gradi. Ero fermo al semaforo e vedo arrivare il mio bus, il 101. Io ho il rosso mentre lui effettua la fermata ma poi resta fermo anch’esso al semaforo rosso – a pochi metri dalla fermata – mentre corro verso di lui. Busso alla porta e chiedo gentilmente se può farci salire, dato che la porta centrale (quella dove salgono i passeggini) è ancora all’altezza della fermata. L’autista, con piglio deciso – quasi schifato – mi fa cenno di no, senza neanche guardarmi, senza guardare il bambino semi-ghiacciato nel passeggino. Lui aveva tutte le ragioni per quanto riguarda il regolamento che afferma che una volta fatta la fermata non possa più aprire le porte, ma quello che mi colpisce è che non si è neanche preoccupato di chiedersi “Nevica, il bimbo è piccolo e avrà freddo”. No. Per lui noi eravamo in ritardo perché non eravamo alla fermata quando lui è passato e quindi noi avevamo torto. Chiaramente è soggettivo e dipende dalle persone. Infatti, dopo circa venti minuti, stessa scena con il bus M29 ma stavolta l’autista, vedendomi correre, mi ha sorriso e fatto cenno di salire. Le azioni le compiono le persone, ma quando mi capitano situazioni del genere, il loro “quadratismo” mi sgomenta.
  • I semafori per i pedoni: sono una trappola mortale. Durano meno di un millesimo di secondo. Sono come le apparizioni mistiche. Non sei sicuro che sia scattato il verde, pensi di averlo sognato quando, dopo pochi passi, ti ritrovi in mezzo alla strada con il rosso. Un incubo.
  • I ragazzi ubriachi: a Berlino è facile incontrare – soprattutto tra il venerdì notte e la domenica mattina – ragazzi e ragazze completamente ubriachi che barcollano per strada. Una cosa che non ho mai sopportato nemmeno in Italia (qui almeno tornano in metro e non uccidono nessuno) ma ciò comporta tutta una serie di disagi: cocci di vetro sparsi ovunque, slalom tra conati di vomito nei vagoni della metro e alle stazioni, sporcizia, ecc… Un peccato per l’immagine della città, vista da turisti che magari rimangono giusto il tempo di un weekend e sono costretti a essere testimoni di queste situazioni.
  • La mancia: nei locali e nei ristoranti, quando si chiede il conto, si può decidere di pagare Zusammen (insieme, conto unico) o Getrennt (separati). Ma il problema è che il totale, in ogni caso, sarà senza il servizio, quello che in Italia chiamiamo coperto. E’ questo è fonte di enorme imbarazzo: se non lasci il tip (mancia) ti guarderanno male, idem se ne lasci poca. Ma tutte le volte ci metti almeno dieci minuti a deciderti quanto lasciare. L’usanza vorrebbe che fosse il 5% del totale ma io, solitamente, faccio cifra tonda: ad esempio se il totale è 7,20€ io dico “Acht!” (8€) e lui ringrazierà. Ma quando il totale è 8,90€ cosa dico? 9? Lasciandoli solo 10 centesimi di mancia? Passando per pessimo cliente? Oppure 10€? Forse è meglio 10,50€? Oppure …
  • Le feste: i tedeschi sono precisi e ordinati per 360 giorni l’anno, ma nei restanti giorni – Natale e Capodanno in primis – cambiano completamente. A Capodanno inizia un bombardamento di fuochi d’artificio (vendibili liberamente in qualsiasi negozio e a qualsiasi età), pistole, mortaretti, bombe a mano degni delle peggiori guerre mondiali. Impossibile uscire di casa o affacciarsi alla finestra, soprattutto in certi quartieri. La cosa peggiore, finito il Natale, centinaia di abeti abbandonati lungo i marciapiedi di tutta la città, in attesa di una ingloriosa fine per quello che è stato il protagonista di tutto il periodo natalizio: da addobbato a festa al centro del salotto ad abbandonato in mezzo alla strada. Crudele!
  • Il bidet: non esiste. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
  • I tedeschi e la guida: non c’è niente da fare: i tedeschi (o forse solo i berlinesi) non sanno guidare. Ho visto molte volte la scena del parcheggio eseguito salendo con le ruote posteriori sul marciapiede o, peggio, la svolta a sinistra fatta alla destra del centro dell’incrocio, con conseguente paralisi di tutto il traffico. Mi chiedo Michael Schumacher dove abbia imparato a guidare.
  • Le sirene dei mezzi di soccorso: sono assordanti. Talmente assordanti da doversi tappare le orecchie quando passano. E’ impossibile non accorgersi del loro arrivo.
  • I cetrioli: sono dappertutto. Nei panini, nella pasta, sulla pizza. Non mi meraviglierei di trovarmeli anche nel caffé. Inoltre, a me, i cetrioli, non sono mai piaciuti.
  • Le feste in casa: i giovani tedeschi amano fare festa in casa piuttosto che uscire a bere una birra, complice anche le temperature non proprio tiepide. Quindi ci si ritrova in 200 persone all’interno di un appartamento dove già in dieci si sarebbe stati stretti, con musica alta fino a notte fonda, senza che alcun vicino di casa dica niente (o quasi). Il trucco? Appendere sul portone d’ingresso un biglietto con su scritto: “Oggi faccio una festa, vi chiedo scusa per l’eventuale disturbo e, se volete, potete passare a bere qualcosa!“. E l’androne delle scale si riempie di centinaia di paia di scarpe che riempiono quasi tutto il pianerottolo.
[Questo testo non vuole offendere né criticare nessuno. E’ stato scritto secondo il gusto e la sensibilità dell’autore e rappresenta il suo personale punto di vista, che può essere chiaramente condivisibile o meno.]

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