Essere a Berlino è come trovarsi in un gigantesco museo a cielo aperto.
Ogni persona, ogni strada, ogni casa, ogni oggetto hanno qualcosa da raccontarti. Ti parlano di chi sono ma, soprattutto, cosa erano quando, anni fa, le cose qui erano molto diverse.
E, se ascolti a fondo, scopri che la realtà è ben diversa da come, per anni, ci è stata descritta. E che, in realtà, non era così male.
Ideologicamente, il Muro divideva i buoni dai cattivi. Ma non necessariamente i buoni erano quelli della Germania Ovest.
Siamo sicuramente d’accordo che la costruzione del Muro, dal punto di vista propagandistico, non è favorevole al regime comunista ma, indubbiamente, è riuscito in qualcosa che nessun altro è stato in grado di fare: rallentare quella deriva capitalista che aveva invaso tutta l’Europa post-bellica.
Mentre in Francia e in Italia ormai si era invasi dai prodotti americani, primi fra tutti le sigarette Marlboro, lanciate dai carri armati alleati al loro passaggio, la Germania dell’Est combatteva strenuamente questo sistema sociale. E, chiaramente, ne avevano tutti i motivi. Da una parte la corsa al capitalismo e al consumismo sfrenato, dall’altra un’economia sociale, che riprendeva la logica marxista del “da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni”.
Si, gli Stati Uniti condannavo gli espropri dei terreni, ma così facendo, la DDR ha permesso a migliaia di famiglie di lavorare il proprio pezzo di terra e sfamare l’intera Germania orientale. Tante grandi famiglie tedesche erano state annichilite come gli Junker prussiani, per esempio, che avevano perso tutto: circa 500 grandi proprietà terriere erano state espropriate e oltre 30 mila chilometri quadrati di terre distribuiti a mezzo milione di contadini.
Se parlate con qualcuno che ha sempre vissuto ad Est, prima e dopo il Muro, vi dichiarerà che, nonostante tutto, si vivesse degnamente e non sentivano la mancanza dei prodotti esteri dato che avessero già tutto ciò che servisse e di cui necessitassero.
Naturalmente, non era tutto roseo. Tra le centinaia di vittime di coloro che cercavano in ogni modo di attraversare il Muro illegalmente e la Stasi, la Polizia segreta che controllava tutti i documenti e sorvegliava tutti gli abitanti, la vita non era certamente facile.
Ciò che differenza molto la Germania dall’Italia, ricordiamo che questi due Paesi sono accomunati per le loro colpe della II° Guerra Mondiale, è che, nel dopoguerra, i tedeschi sono stati dominati da due sentimenti molto efficaci: un enorme senso di colpa e la consapevolezza che occorresse ripartire da zero, come spiega su Panorama.it, il filosofo Ugo Perone, l’ex direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino che è stato appena chiamato all’università Humbold a insegnare Filosofia della religione. “A differenza nostra, i conti con il passato i tedeschi li hanno fatti. E questo ha dato loro una forza straordinaria”.
Ciò che contraddistingue la Germania è il punto di vista sociale. Vanta sei settimane di ferie retribuite l’anno (tre volte più degli Stati Uniti), un tasso di disoccupazione al 6,7 per cento e un benessere esteso (con i sussidi concessi ai bassi salari, una famiglia di quattro persone ha un’entrata minima garantita di circa 2000 euro al mese) e un contributo di 160 euro per ogni bambino.
Tutto questo si basa su un equilibrio composto da sindacati ragionevoli, imprenditori bravi e capaci, uno Stato forte (che garantisce sicurezza sociale, ma vigila anche affinché tutti contribuiscano equamente) e una cittadinanza disciplinata (disposta ad assolvere al proprio dovere, in primis a pagare le tasse), come spiega il politologo Michael Eilfort. “Tutte queste componenti portano alla pace sociale. Da non dimenticare poi il decentramento, che non solo snellisce le pratiche amministrative ma ridistribuisce le risorse dai Länder più ricchi a quelli meno forti”.
Questa, in breve, è la realtà tedesca. Ecco perché attrae tanto i giovani: sanno che qui possono essere valutati per quello che sono realmente. Non come in Italia.
Leggere le tue parole è come esserti accanto in quello che tu chiami “museo a cielo aperto”.
Ripercorrere quelle strade impregnate di quella storia non scritta sui libri, ma raccontata dai tedeschi stessi è un po’ come sognare sapendo di essere sveglio.
Incredibilmente intenso il tuo modo di approciarti a queste realtà, con occhi spogli di ogni pregiudizio e solo vogliosi come quelli di un bimbo che ha tanto da imparare.
Da assiduo frequentatore del tuo blog, ti faccio davvero i complimenti per tutto quello che stai postando.
Abbi cura di te….a presto.